19 Aprile 2024
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La Libia, il cui nome ufficiale è, attualmente Stato della Libia, è uno stato dell’Africa del nord. Capitale Tripoli.

POPOLAZIONE

6.871.287 abitanti al marzo 2020, per una superficie di 1.759.840 km² (densità 3,9 abitanti per km2).

La maggior parte della popolazione vive sulla costa, concentrata a Tripoli e Bengasi. Circa il 10% della popolazione è storicamente costituito da immigrati, provenienti per lo più dalla regione sub sahariana. Nonostante la guerra rimane la principale rotta dei migranti  che, da Sud Sudan, Ciad, Niger ecc. cercano di arrivare in Europa.

I libici sono principalmente arabi, berberi e tuareg. I limitati gruppi tribali Hausa e Tebu di stanza nel sud della Libia conducono vita nomade o seminomade. Pur essendo stata considerata nella storia come un’unica regione, in realtà è composta da due territori, Tripolitania a ovest e Cirenaica a est, con culture molto diverse tra loro. A queste due aree si aggiunge il Fezzan, che occupa la parte sahariana a sud della Tripolitania.

I musulmani (per lo più sunniti, ma anche ibaditi, cioè kharigiti) sono circa il 97%, i cristiani sono circa il 3%, e di questi circa 56 000 sono cattolici.

STORIA

Preistoria

L’odierna Libia era abitata sin dal periodo neolitico da popolazioni indigene, antenate dei berberi odierni, dedite all’allevamento dei bovini e alla coltivazione dei cereali.

Dominazioni nella storia antica

Alcune di queste popolazioni (in particolare i Libu) entrarono nell’orbita egiziana nel corso dell’Antico e del Medio Regno, divenendo tributarie dei Faraoni; con alterne vicende l’area rimane sotto dominio egizio dal 2700 a.C. al VI secolo a.C.

Tra l’XI e il VII secolo a.C. le coste del Mediterraneo occidentale vennero interessate dalla colonizzazione dei Fenici; poco più tardi anche i Greci iniziarono a fondare colonie lungo le coste ad occidente dell’Egitto.

L’interno, desertico e praticamente privo di risorse, venne lasciato a sé stesso dai cartaginesi, consentendo, nel V secolo a.C., lo sviluppo dell’impero dei Garamanti nella regione dell’odierno Fezzan.

Nel corso del III secolo a.C., frantumatosi l’impero alessandrino, la Cirenaica entrò nell’orbita dell’Egitto ellenistico dei Tolomei

Dopo la definitiva conquista (e distruzione) romana di Cartagine nel 146 a.C., la Libia nord-occidentale entra a far parte del dominio romano e, poco più tardi, viene costituita come provincia col nome di Tripolitania con Leptis Magna capoluogo e importante porto commerciale della regione. Nel 96 a.C. Roma entra pacificamente in possesso anche della Cirenaica. L’avanzata romana verso sud viene però fermata dai Garamanti.

Invasioni vandaliche e Medio Evo

Nella seconda metà del V secolo, la Tripolitania venne conquistata dai Vandali di Genserico che assunsero il controllo del paese come élite guerriera, di fede ariana, perseguendo una politica di rigida separazione dalla locale popolazione romano-africana e perseguitando la fede cattolica.

Nel 533, l’imperatore bizantino Giustiniano, deciso ad attuare la sua vasta politica di riconquista dell’Occidente, mosse guerra in Africa, sino a che, dopo un anno di lotte, l’ultimo re vandalo, Gelimero, si arrese nel 534 al generale bizantino Belisario.

Dalla conquista islamica a quella ottomana

Intorno alla metà del VII secolo gli Arabi, unificati sotto il nascente Califfato islamico giunsero  nel 643 in Cirenaica, stabilendo nel 644 il governatorato della regione nella città di Barca. La regione passa via via sotto il potere del califfato Omayyde, degli aghlabiti, dei fatimidi, dei Normanni, degli Almoravidi e degli Almohadi (i cui fovernatori ostituiscono nel 1318 un regno autonomo).

Nel 1510 gli spagnoli, divenuti padroni del Regno di Sicilia, invasero la Libia nel tentativo di porre un freno alla pirateria. Tripoli venne conquistata ed assegnata assieme all’isola di Malta ai Cavalieri di San Giovanni. Nel 1517, però, la Cirenaica venne conquistata dall’Impero Ottomano e costituita in Vilayet. Da qui gli Ottomani mossero alla conquista della Tripolitania, avviata nel 1521 e conclusa nel 1551 con la caduta di Tripoli.

Nel 1711 un ufficiale dell’esercito turco, Ahmed Karamanli, si rivoltò al sultano e staccò la Libia dall’Impero ottomano, divenendo sovrano della Libia e fondando la dinastia Karamanli, che regnò sulla Libia per i successivi 124 anni.

L’attività corsara nel Mediterraneo irritava sempre di più le potenze europee: nel 1835 il Sultano della Sublime Porta, su pressioni europee, rimosse i Karamanli dall’incarico di suoi rappresentanti, ristabilendo il proprio dominio diretto sulla Libia.

Pochi anni dopo, nel 1843, Muhammad ibn Ali al-Sanusi, fondatore dell’importante movimento religioso dei Senussi, si stabilì in Cirenaica e fece proseliti in tutta la Libia.

La colonizzazione italiana

La colonizzazione italiana della Libia si deve soprattutto a Giovanni Giolitti, allora primo ministro italiano.

La guerra italo-turca ebbe inizio il 5 ottobre 1911 e durò un anno. Le città lungo la costa furono facilmente conquistate, mentre i villaggi arabi interni, sotto la protezione dei turchi furono più difficili; per costringere la Turchia alla resa gli italiani conquistarono Rodi e le isole del Dodecaneso. Il 18 ottobre 1912 la Turchia dovette accettare la pace di Losanna (o di Ouchy) e la Libia divenne colonia italiana, anche se solo la Tripolitania era effettivamente controllata dal Regio esercito italiano.

Già subito dopo la conquista della costa, l’esercito italiano si scontrò con la guerriglia nel Fezzan e per vent’anni dovette combattere la resistenza organizzata dai Senussi (Omar al-Mukhtar, Idris di Cirenaica, Enver Pascià, Aziz Bey). Nel loro complesso i diversi conflitti italo-libici e l’occupazione italiana costarono la vita ad un ottavo della popolazione libica (circa centomila cittadini libici). La morte del capo della guerriglia libica Omar al-Mukhtar, nel settembre 1931, comportò la pacificazione.

Sotto l’impulso del fascismo, negli anni Trenta, il completo controllo di tutto il territorio libico consentì un afflusso e insediamento di coloni provenienti in particolare da Veneto, Sicilia, Calabria e Basilicata. Nel 1934 con l’unione della Tripolitania e della Cirenaica venne proclamato il Governatorato Generale della Libia e successivamente i cittadini africani poterono godere dello status di “cittadini italiani libici”.  Nel 1939 gli italiani erano il 13% della popolazione.

Indipendenza e Regno Unito della Libia

Nel Trattato di Pace del 1947 l’Italia dovette lasciare libere dalla sua occupazione coloniale tutte le sue colonie, compresa la Libia. Fino al 1951 la Gran Bretagna amministra Tripolitania e Cirenaica, e la Francia il Fezzan.

Il 24 dicembre 1951 la Libia dichiara l’indipendenza come Regno Unito di Libia, monarchia ereditaria e costituzionale (parlamentare) sotto re Idris I.

Il regime di Mu’ammar Gheddafi

Il 1º settembre 1969 ha successo un colpo di Stato incruento contro re Idris, ordito da giovani ufficiali nasseristi mentre il re era in Turchia per delle cure mediche; il paese viene ribattezzato Repubblica araba di Libia.

Fra le primissime iniziative del governo di Gheddafi vi fu l’adozione di misure sempre più restrittive nei confronti dei circa 35.000 italo-libici che ancora vivevano nella ex colonia.

La Libia appoggia i movimenti di liberazione nazionale, primo fra tutti l’OLP di Yasser Arafat nella sua lotta contro Israele, e in genere i governi dei paesi arabi e islamici ostili alla presenza occidentale.

Tra il 1973 e il 1987 la Libia è coinvolta in un conflitto di frontiera con il Ciad per la striscia di Aozou, ricca di risorse minerarie; la contesa sarà risolta pacificamente nel 1994.

Negli anni ’80 il regime di Gheddafi viene accusato di sostenere vari gruppi terroristici nel mondo occidentale, ma negli anni ’90 il Colonnello cambia registro in politica estera: condanna l’invasione dell’Iraq ai danni del Kuwait del 1990 e successivamente sostiene le trattative di pace tra Etiopia ed Eritrea.

Negli anni 2000 si oppone ad al Qaida, collabora con le agenzie internazionali (dal 2003) per il controllo del suo programma di mezzi di distruzione di massa e si riavvicina all’Occidente. Sul fronte interno, invece, la repressione dell’opposizione è sempre durissima.

Dalla caduta del regime e alla situazione attuale (febbraio 2023)

Riuscire a districarsi nel ginepraio libico è veramente complesso, figuriamoci cercare di farlo in poche righe. Quindi tenterò una sistematizzazione, scusandomi in anticipo per l’inevitabile semplificazione.

Prima guerra civile

Febbraio-ottobre 2011 nella quale si oppongono le forze leali a Gheddafi e quelle dei rivoltosi riunite nel Consiglio nazionale di transizione. A una prima fase di insurrezione popolare, sulla scia delle Primavere arabe, seguono importanti defezioni di parti dell’esercito di Gheddafi che trasformano l’insurrezione in scontro armato; dura la reazione di Gheddafi che bombarda le aree tenute dagli insorti.

L’ONU istituisce una zona di interdizione al volo per proteggere la popolazione civile, la risoluzione non viene rispettata da Gheddafi e vari paesi, nel marzo 2011, si sentono legittimati a un intervento armato.

Il 20 ottobre 2011 Gheddafi viene ucciso nel suo rifugio.

Polverizzazione delle milizie e primo tentativo di transizione

Dopo la morte del Colonnello, il paese è lacerato dalle numerose milizie, con un governo centrale praticamente inesistente. Nonostante venga considerato un conflitto a “bassa intensità” si registrano circa 500 morti all’anno.

Nel luglio 2012 si tengono le elezioni e il Consiglio Nazionale di Transizione cede il potere al Congresso Nazionale Generale (eletto) del quale nei mesi successivi i partiti islamisti prendono il controllo prevalendo sulla maggioranza centrista e liberale. Nel dicembre 2013 il GNC decide di applicare una variante della Sharia.

Seconda guerra civile

Nel maggio 2014 le forze del generale Haftar (ex generale di Gheddafi che negli anni ’90 aveva cercato di rovesciare il regime con il sostegno degli USA, paese nel quale si era poi rifugiato per 20 anni tornando in Libia nel 2011) lanciano l’offensiva chiamata Operazione Dignità contro gli islamisti di Bengasi per poi attaccare la sede del parlamento a Tripoli.

Si tengono nuove elezioni per eleggere la Camera dei rappresentanti, nelle quali a causa delle milizie e del caos solo il 18% della popolazione riesce a votare. Comunque gli islamisti perdono e il parlamento, sulla base delle nuove regole, dovrebbe riunirsi a Bengasi, ma opta per Tobruk, città sotto il controllo di Haftar, a causa degli scontri ancora in corso a Bengasi.

Nel frattempo alcune milizie islamiste, unite a milizie di Misurata, prendono il controllo dell’aeroporto di Tripoli nell’Operazione Alba Libica e una parte dei membri del vecchio Congresso Nazionale Generale, più coloro che avevano boicottato la Camera dei rappresentanti di Tobruk, si riuniscono a Tripoli come Nuovo Congresso Nazionale Generale e si proclamano parlamento legittimo.

Nella zona di Derna nell’ottobre del 2014 una formazione islamista dichiara la propria affiliazione al cosiddetto Stato Islamico di al Baghdadi. I mesi successivi sono davvero difficili da seguire, ma la caratteristica principale è la lotta delle varie milizie, con alterne vicende, per la conquista dei pozzi petroliferi.

All’inizio del 2015 il paese è diviso tra due governi rivaliTripoli e Misurata controllate da Alba Libica e dal nuovo GNC; Tobruk controllata dal governo nominato dalla Camera dei rappresentanti e riconosciuto dalla comunità internazionale. Bengasi è contesa tra le forze di Haftar e gli islamisti (vicini ad al Qaida) mentre gli islamisti vicini all’Isis prendono il controllo di Sirte.

Tentativo di stabilizzazione e guerra all’Isis

Nel corso del 2015, sotto l’egida dell’ONU, si tengono colloqui di pace per tentare l’unificazione dei due parlamenti. In dicembre, in Marocco, viene firmato un accordo da parte di numerosi membri dei due parlamenti (senza il voto favorevole dei due parlamenti a causa dell’opposizione dei due presidenti) per dare a Fayez el Sarray il mandato per  formare un nuovo governo che, votato dalla Camera dei rappresentanti  di Tobruk dovrà insediarsi a Tripoli e verrà riconosciuto dall’ONU come unico governo legittimo da sostenere per stabilizzare il paese.

Non si riesce ad avere l’accordo delle forze in campo: di fatto permane, e si acuisce, la frattura del paese tra Est (governo provvisorio di Tobruk con l’esercito di Haftar) e Ovest (Governo di Accordo Nazionale di el Sarray) che però non porta a scontri immediati perché le forze in campo, soprattutto quelle di Haftar, sono concentrate a combattere le forze islamiste dell’Isis che nel corso del 2016 vengono annientate, grazie anche ai bombardamenti francesi e americani sulle postazioni islamiste.

È nel 2017 che gli scontri, circoscritti ad alcune situazioni specifiche, soprattutto per il controllo di  porti e pozzi petroliferi, tra esercito di Haftar e forze militari leali a el Sarraj riprendono.

Debolezza del Governo di Accordo Nazionale e terza guerra civile

Il fronte internazionale non è compatto: la Russia segnala un crescente interesse verso le forze di Haftar; segue il sostegno dell’Egitto di al Sisi; il Ministro deli esteri francese dichiara la Libia uno “stato fallito” e che Haftar è “parte necessaria della soluzione”. Haftar si presenta ai libici e al mondo come il liberatore di Bengasi per averne definitivamente cacciato gli islamisti (anche se Haftar, che appare come paladino della guerra ai jihadisti, in realtà accetta di buon grado l’alleanza con gruppi islamisti…insomma la situazione non è lineare quindi attenzione a pensare “almeno Haftar è contro l’integralismo islamico”).

Si giunge a un accordo per nuove elezioni da tenersi alla fine del 2018. ma nel paese continuano gli scontri (sempre circoscritti ad aree specifiche) e le elezioni vengono rimandate all’inizio del 2019 (e poi di nuovo al dicembre 2021).

Nell’aprile 2019 Haftar, forte della vittoria sull’Isis, sferra un attacco contro il Governo di accordo nazionale di Fayez el-Serray. Quella che viene considerata la terza guerra civile libica, si “chiude” nel 2020 con la sconfitta di Haftar e quindi era sembrato si arrivasse a un consolidamento del governo con sede a Tripoli, quello di Fayez el_Serray (appoggiato dall’ONU e sostenuto militarmente dalla Turchia).

Invece si ha un sostanziale rimescolamento delle carte e i due leader che si sono contesi il paese nel post Gheddafi, Haftar e Serray, vengono sostituiti da altri due leader: Abdul Hamid Dbeibah, primo ministro del governo con sede nella capitale Tripoli, nominato nel marzo 2021, ma la cui carica viene contestata da Fathi Bashagha, nominato premier a Tobruk nel febbraio 2022.

Nel frattempo erano saltate le elezioni del dicembre 2021 (e proprio la loro sospensione aveva portato a formare nuovamente un esecutivo a governo dell’Est del paese); nel settembre 2022 le milizie di Bashagha hanno nuovamente attaccato Tripoli, respinte dall’intervento di droni turchi.

Il 2023 dovrebbe essere l’anno delle elezioni, ma è improbabile che si arrivi a una stabilizzazione del paese a breve: a nessuno interessa né delle condizioni della popolazione (stremata da 12 anni di conflitto) né di un possibile percorso democratico. La posta in gioco è solo ed esclusivamente il controllo delle immense risorse petrolifere libiche.

A questo proposito, riporto quanto scritto da ISPI in un articolo dedicato alla Libia: “Le autorità di Tripoli controllano la compagnia petrolifera nazionale, la National Oil Corporation (Noc), e la Banca centrale, e riscuotono quindi la totalità dei proventi della produzione di idrocarburi. Ma le forze di Haftar controllano l’intera “mezzaluna del petrolio” nell’est del paese, così come cinque dei principali porti petroliferi della Libia: Es Sider, Ras Lanuf, Zueitina, Brega e Hariga. (Gli altri due principali porti petroliferi, Mellitah e Zawiya, sono nell’ovest del paese.) Haftar non può vendere il petrolio direttamente sui mercati internazionali ma può bloccare fino a tre quarti della produzione e dell’esportazione, cosa che ha fatto ripetutamente negli anni per forzare il governo di Tripoli a cedergli una percentuale dei proventi. Un accordo segreto fra Haftar e Dbeibah, probabilmente mediato dagli Emirati Arabi Uniti, ha portato alla nomina di Farhat Bengdara al posto di direttore della Noc nel luglio 2022. I termini dell’accordo non sono pubblici ma da quando Bengdara ha preso le redini della Noc la completa ripresa della produzione e delle esportazioni di petrolio in tutta la mezzaluna dell’est indica che Haftar sta incassando una percentuale dei proventi”.

Alcuni elementi da tenere presenti nella situazione odierna

A questo punto non resta che seguire la cronaca, ma anche la cronaca è difficile da seguire, e capire, spero di poter essere di aiuto dando alcune indicazioni:

Milizie

Le diverse milizie presenti nel paese hanno riferimenti tribali, politici o religiosi che si intrecciano, si sovrappongono e cambiano nel tempo per cui, al di là dei grandi schieramenti, non è detto che chi era alleato ieri lo sia anche oggi anche perché il potere è veramente polverizzato e può essere importante raggiungere un accordo con la famiglia che controlla un porto anche se, in linea teroica, questa famiglia appartiene ideologicamente al campo avverso;

Islamisti

Anche se è il termine che io stessa ho usato, è errato parlare genericamente di “islamisti”, bisognerebbe sempre specificarne l’affiliazione a macro riferimenti: come è avvenuto in Siria anche qui abbiamo i due macro riferimenti, seguaci di al Qeida e dell’Isis, intorno ai quali ruotano fazioni minori alternativamente in lotta tra loro;

Petrolio e gas

Ovviamente tutte le parti libiche in campo sono interessate ad avere il controllo dei pozzi petroliferi e dei giacimenti di gas; dal punto di vista internazionale i due paesi direttamente interessanti sono Italia e Francia. Il nostro paese aveva, storicamente, una posizione dominante negli accordi con la Libia per l’estrazione di petrolio e gas che, fin dai primi mesi della crisi del regime di Gheddafi la Francia ha cercato di scalzare. E quindi l’appoggio dei due paesi rispettivamente a el Serraj o ad Haftar va letto alla luce di questa situazione: la Francia però finisce con il ritrovarsi con un alleato scomodo come la Russia nell’avvicinarsi ad Haftar (l’unico vero motivo, insieme all’incertezza sull’esito dello scontro, per cui non lo appoggia completamente in modo ufficiale); l’Italia abbandonerà rapidamente el Serraj se questi dovesse perdere o risultare ulteriormente indebolito. Per approfondire consiglio la lettura dell’articolo pubblicato da EnergiaOltre.

Migranti

La rotta dei migranti, che non si è mai interrotta neanche nei momenti di crisi più acuta, è l’altra grande torta che le parti libiche in gioco hanno interesse a spartirsi. Una torta composta in parte dai soldi estorti ai poveri disperati che cercano di partire dalle coste libiche e in parte dagli “aiuti” che le organizzazioni internazionali (nel 2017 la UE ha varato un piano per 46 milioni di euro a questo scopo) e i singoli governi, in particolare l’Italia, versano per impedire le partenze. Un esempio per tutti è il caso della famiglia Dabbashi che fino alla fine del 2017 controllava la costa di Sabratha nella quale si trova il terminale di Mellitah (del gasdotto Eni che arriva in Sicilia) e uno dei principali luoghi di partenza dei migranti: gestiva la rotta dei migranti del Niger, aveva suoi uomini nella guardia costiera libica e proteggeva il terminale del gasdotto. Tra i tanti articoli che spiegano la questione consiglio questo del sito Gli Stati Generali.
Secondo le stime dell’European migrant smuggling center dell’Europol il business della tratta, del traffico e dello sfruttamento avrebbe fruttato alle organizzazioni criminali nel 2015 una somma compresa tra 4,7 e 5,7 miliardi di euro. Nel 2016 la torta valeva ancora 2 miliardi. La filiera della tratta dei migranti è molto ricca e ognuno ha le sue specializzazioni: gestione dei centri di detenzione e transito; produzione di documenti falsi; trasporto via terra; trasporto via mare ecc.

INFORMAZIONI PRATICHE

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ORDINAMENTO DELLO STATO

Questa è una voce che potrà essere scritta quando la situazione si sarà stabilizzata. Anche se ufficialmente l’ONU riconosce il governo di al Sarraj, la sua legittimità trova un riscontro molto parziale all’interno e anche a livello internazionale il riconoscimento non è compatto (vedi sopra il Capitolo Terza guerra civile).

Genericamente possiamo dire che è una repubblica parlamentare.

ECONOMIA

Buona parte delle ricchezze della Libia si basa sui proventi dell’esportazione di petrolio e gas naturale. Agricoltura e industria davano un contributo modesto all’economia anche prima della guerra, oggi sono praticamente azzerate inoltre le bande armate hanno praticamente saccheggiato quello che valeva qualcosa.

Nel novembre 2018 il governo di al-Sarraj aveva varato un programma di riforme per alleviare le condizioni disastrose in cui versa la popolazione che stava dando qualche risultato, ma l’avanzata di Haftar e il riacutizzarsi degli scontri armati hanno bloccato tutto.

Come ho spiegato sopra la tratta dei migranti rappresenta un’entrata importante delle bande criminali.

PATRIMONI DELL’UMANITÀ IN LIBIA

Sono 5 i siti della Libia inseriti nella Lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO:

In questo articolo la situazione oggi dei siti protetti dall’Unesco.

Per informazioni sulla letteratura e la musica vai all’articolo Libia – Guide, letture, musiche e film.

 

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