
Ed eccomi di nuovo in Giordania. Dopo il viaggio del 2009 con Lorena e Roberto, torno con Giampiero nel Regno Hascemita per un giro che poi proseguirà in Israele, Palestina e Gerusalemme.
Questo articolo è un diario di viaggio, mentre per le indicazioni utili per organizzare il proprio soggiorno in Giordania, rimando al post Giordania, informazioni pratiche di viaggio. Buona lettura.
AMMAN, UN CAOS APPARENTE
Arriviamo all’aeroporto Queen Alaa di Amman in piena notte, le procedure di ingresso sono rapidissime così come l’arrivo dei bagagli, quindi prendiamo un taxi e andiamo all’albergo che avevamo prenotato su Booking. Dopo qualche ora di sonno eccoci in pista per ritirare l’auto e acquistare una SIM che si rivelerà indispensabile per poter guidare in città.
La capitale della Giordania è una città moderna con grattacieli ed edifici moderni, ma soprattutto ha una viabilità abbastanza complessa. Non è così caotica come potrebbe sembrare a un primo impatto, ma le strade a 3-4 corsie, i numerosi cavalcavia e tunnel che collegano i diversi colli sui quali Amman si estende, gli svincoli degni di Miami, non la rendono agevole da percorrere in auto, per chi non la conosce. Le indicazioni sono scritte anche in caratteri latini, ma tendenzialmente vengono indicati quartieri della città o città molto vicine alla capitale (per esempio le frecce per Jerash compaiono solo quando ormai si è fuori dal centro). Quindi poter utilizzare un navigatore si rivela molto utile, come del resto anche in altre parti della Giordania.
Ed ecco il percorso completo del nostro viaggio.
IL FORO OVALE DI JERASH
Comunque arriviamo a Jerash verso le 15 e in 3 ore, con tutta calma, riusciamo a visitarla tutta. Come immaginavo il caldo si sente, ma è secco e quindi appena ci si sposta all’ombra si sta magnificamente, anche perché spira una leggera brezza.
Per la descrizione non posso che ripotare quanto già scritto nel 2009. Il Foro di Jerash è unico, nei miei viaggi non ne ho visti altri di simili: di forma ellittica, per collegare l’asse del Tempio di Zeus con il Cardus Maximus, è racchiuso da 56 colonne ioniche ed è lastricato con pietre di calcare che dal centro alla periferia diventano sempre più grandi, accentuandone la forma ovale.
Tutto il sito è splendido: la strada lastricata del Cardo è perfettamente conservata; del Tempio di Zeus, al culmine di una scalinata con rilievi di tralci e melograni, sono rimaste solo alcune colonne; l’Arco di Adriano è imponente; i due Teatri, due piccoli gioielli; le 11 colonne del Tempio di Artemide compaiono all’improvviso giunti agli ultimi gradini; e poi ancora l’Ippodromo, il Ninfeo, i resti di chiese bizantine.
Torniamo in hotel e dopo un meritato relax, andiamo a cena in un ristorante nella tanto decantata via Rainbow: le guide la descrivono come una strada piena di locali e ristorantini, ma noi non ne rimaniamo particolarmente colpiti; finiremo per fermarci in una pizzeria nella quale faremo comunque un ottimo pasto.
QASR NEL DESERTO E MADABA, LA CITTÀ DEI MOSAICI
L’indomani partiamo di buon’ora per un giro circolare nei Castelli nel deserto in senso inverso a quello che avevamo compiuto 10 anni fa. Li ricordavo più affascinanti, oggi direi che probabilmente non vale la pena fare tutto il giro (specialmente in estate quando il caldo è torrido), ma basta andare a quelli che noi abbiamo visto per ultimi (al Kharrana e Amra).
Per primo vediamo l’Hammam as Sarah, che 10 anni fa doveva essere solo un cumolo di rovine, bagno turco omayyade completamente ricostruito a 2 chilometri dal Qasr al- Hallabat che allora non avevamo visitato. Anche questo è stato oggetto di un importante restauro: in origine fortezza romana del II/III secolo d.C., nel VIII è stata demolita per costruire un grandioso complesso omayyde nel quale venne incorporata una moschea e un complesso sistema idrico; nel palazzo principale la pietra calcare si alterna a parti in basalto nero e si può vedere una bella fila di archi.
Quindi ci dirigiamo verso Azraq percorrendo la strada che si addentra nella landa desertica e desolata che si estende a est di Amman. Con Giampiero avevamo ironizzato su un cartello stradale che, a un bivio, indicava le due direzioni possibili, Siria a sinistra e Iraq dritto, ma dopo pochi chilometri la tragedia che sta devastando la Siria si manifesta in tutta la sua drammatica evidenza: alla nostra destra metri e metri di recinzione, al di là della quale si estende un immenso campo profughi, gigantesco, con centinaia di tende; poche le persone nei pressi dell’ingresso e anche all’interno della recinzione non si vede che qualche ombra camminare nel caldo torrido. È il campo profughi di Azraq, uno dei più grandi della Giordania che, con i suoi poco più di 10 milioni di abitanti, ha accolto più di 1 milione e mezzo di profughi siriani. Il campo ospita circa 41.000 rifugiati, il 22% dei quali è al di sotto dei 5 anni e nella sua vita non ha visto altro che queste strade polverose.
Proseguiamo e il campo scorre rapido, come un film, fino a scomparire.
Arriviamo alla riserva naturale, ma sono le 13 e l’idea di camminare sotto il sole tra i canneti non ci solletica per nulla quindi andiamo al Qasr al Azrak, dove ha soggiornato Lawrence d’Arabia e al quale si accede a da una massiccia porta di granito, con una piccola moschea dalla struttura portante singolare con grandi archi che poggiano su bassissime colonne.
La riserva di Azraq, e quella di Shawmari, sarebbero sicuramente interessanti da visitare ma in altre stagioni: una gran varietà di uccelli soggiorna ogni anno nelle riserve per riposare lungo le estenuanti rotte migratorie verso l’Asia e l’Africa; alcuni si fermano per tutto l’inverno oppure scelgono di riprodursi nelle aree protette della palude.
Proseguiamo quindi per il castello più famoso, Qasr al Amra, un piccolo “pied à terre” immerso nel deserto, le cui pitture “piccanti”, le piccole stanze con terme in miniatura fanno presumere si trattasse di luogo di svago per gli emiri di città che, nei primi anni di islamizzazione, venivano probabilmente “fuori porta” a godersi la vita.
Concludiamo con il Qasr al Kharrana, una struttura quadrata massiccia e singolare; potrebbe sembrare un caravanserraglio, ma non essendo su piste di transito non se ne comprende bene la funzione.
Avendo impiegato molto meno tempo del previsto per il giro dei castelli, decidiamo di andare oggi stesso a Madaba, in modo da avere, domani, tutto il tempo di percorrere con calma la Strada dei Re. Mosaici bellissimi, soprattutto quelli della Chiesa dei SS. Apostoli anche perché il guardiamo ce li bagna con uno spruzzino e quindi i colori risaltano bene.
Rientro in hotel alle 17, relax e cena nel ristorante libanese Kababji Jordan dove abbiamo mangiato ottimamente.
VERSO PETRA, LUNGO LA STRADA DEI RE
Ad Amman ci sono poi diverse rovine romane da vedere, ma noi decidiamo di lasciar perdere e l’indomani partiamo per Petra. Sosta al Monte Nebo, dove secondo la tradizione biblica Mosé morì dopo avere visto la Terra Promessa, quindi percorriamo la bellissima Strada dei Re: la roccia calcarea, erosa dal fiume Mujid e dal vento disegna una morfologia fatta di anse, canaloni, rigonfiamenti con la caratteristica cima piatta che sembra tagliata a colpi di scimitarra.
Facciamo una sosta all’ingresso della riserva di Dana, da dove partono i trek che ci guardiamo bene dal fare. Non ci fermiamo a Kerak, ma proseguiamo guardando il massiccio castello dalla strada. Nella mia precedente visita non mi aveva entusiasmato e lo avevo trovato molto più bello da vedersi dalla strada che non a visitarlo.
Dopo qualche chilometro si apre un altro scenario di canaloni e falesie di calcare beige-rosato, tra i quali emerge una monumentale montagna di basalto nero.
Alle 17 siamo a Petra.
DAI NABATEI A JACK SPARROW
A Petra al mistero dei Nabatei, oggi se ne è aggiunto un altro: non si capisce infatti perché tutti i ragazzi del luogo portino i capelli lunghi, gli occhi truccati e una bandana in testa come il Pirata dei Caraibi. Ti aspetteresti di vederli piuttosto in tenuta da Indiana Jones (uno dei degli episodi è ambientato a Petra) e invece no, spopola Jack Sparrow che, per l’occasione, invece di essere al timone di un veliero, manovra asini, cavalli e cammelli.
Tralascio qui la descrizione degli itinerari dei 2 giorni dedicati a Petra perché li ho riportati, con foto e cartine, nell’articolo specifico Petra, cesellata nell’arenaria.
Mi limito quindi a segnalare il ristorante Beit Al-Barakah Restaurant dove abbiamo cenato molto bene, a un prezzo modesto.
WADI RUM, IL DESERTO È SEMPRE DESERTO
Se 10 anni fa c’era solo un campo all’interno del Wadi Rum, il famoso deserto della Giordania, oggi ce ne sono parecchi, ma per fortuna riescono a mimetizzarsi abbastanza bene per cui il deserto non ha perso il suo fascino, anche se è sicuramente uno dei più turistici. Montagne di arenaria e rocce di basalto si alternano a dune di sabbia rossa o gialla; il tutto cangiante a seconda dell’ora.
Noi ci siamo affidati a Wadi Rum Nomads e ci siamo trovati molto bene.
La cena è ottima e cucinata in modo particolare: da un profondo buso nella sabbia viene estratta una gabbia di metallo dove il cibo è posizionato a strati per cuocere lentamente per ore.
L’indomani partenza per Aqaba, lasciamo la Giordania e ci trasferiamo in Israele.