28 Marzo 2024
Patrizia Fabbri
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Ho una forte idiosincrasia verso ogni espressione retorica, quindi mal sopporto le pubblicità mielose che imperversano in questo periodo e sono oltremodo scettica su frasi come “ne usciremo profondamente cambiati”, “abbiamo avuto modo di riflettere su quello che è veramente importante” ecc.

Quello che siamo oggi è il risultato di 5.000 anni di storia e non credo che due o tre mesi di isolamento possano incidere profondamente sulla nostra essenza umana più di quanto non abbiano fatto secoli di guerre, eccidi, stragi efferate, ma anche ricchi di generosità, arte, intelligenza, scoperte, invenzioni. Siamo quello che abbiamo costruito in 5.000 anni, per questo credo che ciascuno di noi tornerà a essere quello che era prima di questa emergenza sanitaria.

I primi segnali, forti e chiari, ci sono: li troviamo in chi sta approfittando di questa situazione per guadagnarci (in “piccolo” con squallidi commerci di mascherine e presidi sanitari, in “grande” attraverso speculazioni finanziarie che rischiano di far fallire interi paesi); li troviamo negli hater di professione e in chi non esita a minacciare e dire cose orribili a una ragazza di 24 anni che ha subìto 535 giorni di prigionia, non meno duri perché “non è stata picchiata, violentata o incatenata”; li troviamo in chi si indigna oggi per il prezzo della verdura salito vertiginosamente, ma non ha mai battuto ciglio su quei 7.000 braccianti pagati in media 3 euro all’ora che nella Capitanata ogni anno raccolgono un terzo della produzione nazionale di pomodori e oggi protesta per la loro regolarizzazione. E potrei proseguire con decine di altri esempi che confermano come siamo già tornati quelli che eravamo.

Quella che invece penso cambierà, e parecchio, è la società nelle economie avanzate: il modo di relazionarsi, di organizzare la propria vita, di gestire l’attività lavorativa, ma anche di muoversi o di fruire di prodotti e servizi risentirà intensamente della limitata fisicità che ha contraddistinto questo periodo.

Nel bene e nel male.

 

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