
Avevo acquistato i biglietti di Gilgamesh “a prescindere”, per la presenza di Luigi Lo Cascio. E ieri sera quando ho letto la sinossi dello spettacolo, poco prima di andare a teatro, ho pensato “Mihhh sarà un bello stracciamento di palle!!!”: l’epopea di un re sumero che, morto un caro amico, va alla ricerca della vita eterna per poi scoprire che siamo tutti mortali. E vabbè…la presenza di Lo Cascio mi avrebbe ricompensata E invece sono rimasta folgorata: una forza e una potenza che non lascia fiato. I tre attori sono bravissimi (sul palco, insieme a Lo Cascio, si alternano Vincenzo Pirrotta e Giovanni Calcagno), in particolare, Pirrotta domina la scena con una capacità di giocare con la voce, di scomporre le parole che mi hanno ricordato il grande Carmelo Bene.
Purtroppo, dopo avere girato diversi teatri italiani, la tournée si è conclusa al Teatro Carcano di Milano il 5 marzo, ma spero che il prossimo anno possa venire riproposto.
Prodotto da ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione, il lavoro teatrale si basa sul testo di Giovanni Calcagno che, a sua volta, si ispira al poema epico che risale ad antichi racconti mitologici sumeri. La versione completa dell’opera è giunta a noi in lingua accadica su dodici tavolette di argilla rinvenute tra i resti della biblioteca di Assurbanipal a Ninive, durante gli scavi archeologici nella seconda metà del 1800. È considerato il prima poema epico dell’umanità (XIX secolo a.C.).
Gilgameš è il re dispotico di Uruk, i cui sudditi si lamentano con gli dei, stanchi della sua lussuria sfrenata che lo porta a imporsi sulle donne della città. Gli dei ascoltano questa preghiera creando Enkidu, un uomo selvaggio destinato ad affrontare il re. Ma quando i due si impegnano in un combattimento, invece di uccidersi a vicenda, diventano amici e si imbarcano in pericolose avventure. Insieme uccidono il gigante Humbaba e il Toro celeste, mentre Gilgameš rifiuta l’amore della dea Ištar. Come punizione per questi atti di empietà, gli dei fanno morire Enkidu nel fiore degli anni.
Sconvolto dalla scomparsa del suo amico, Gilgameš parte alla ricerca dell’immortalità, che lo conduce ai confini del mondo, dove vivono il saggio Utnapishtim e sua moglie, gli unici sopravvissuti al diluvio universale, ai quali gli dei hanno concesso il dono dell’immortalità. Tuttavia, Utnapishtim non può offrire a Gilgameš ciò che cerca. Sulla via del ritorno, seguendo le istruzioni di Utnapishtim, l’eroe trova una pianta che restituisce la giovinezza a chi la mangia; ma un serpente la ruba e Gilgameš torna a Uruk a mani vuote, convinto che l’immortalità sia appannaggio esclusivo degli dei.
Il nucleo romantico del poema risiede nel lutto di Gilgameš dopo la morte del suo amico. I critici lo considerano come la prima opera letteraria a sottolineare la mortalità umana in opposizione all’immortalità degli dei.
Dati artistici
raccontata da Luigi Lo Cascio, Vincenzo Pirrotta e Giovanni Calcagno
testo e regia Giovanni Calcagno
composizioni video Alessandra Pescetta
musiche originali Andrea Rocca (registrate e mixate presso Baby Microbe Recording Studio, Londra)
Yukiko Matsukura / Eleni Sideris / Mark Adler / Thomas Elsher / ℎ Andrea Rocca
disegno luci Vincenzo Bonaffini
consulenza scientifica Luca Peyronel
assistente alla regia volontario Lorenzo Fochesato
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
scene costruite e decorate presso il Laboratorio di Scenotecnica di ERT
responsabile del Laboratorio e capo costruttore Gioacchino Gramolini
costruttori Sergio Puzzo con Tiziano Barone
scenografe decoratrici Ludovica Sitti con Sarah Menichini, Benedetta Monetti, Bianca Passanti, Martina Perrone
marionette e maschere Ezio Scandurra
direttore tecnico Massimo Gianaroli
direttore di scena Claudio Bellagamba
capo elettricista Lorenzo Maugeri
fonico Alberto Irrera
sarta e attrezzista Augusta Tibaldeschi
sarta realizzatrice Eleonora Terzi
foto di scena Luca Del Pia
si ringrazia per la collaborazione Giole Zisa