
di Raja Shehadeh
Può un’amicizia resistere a tutto? Anche alle ingiustizie più laceranti? Raja Shehadeh da giovane avvocato impegnato nell’impedire il sequestro delle terre palestinesi conosce Henry, un ricercatore ebreo canadese pacifista. Scocca subito una scintilla tra i due che diventano amici, ma sullo sfondo Raja vive con amarezza la mancanza di empatia di Henry verso le sofferenze dei palestinesi. La domanda che Raja si pone, e che mette a dura prova la loro amicizia, è sempre la stessa: come può Henry, che si dichiara suo amico e che afferma di riconoscere che Israele sta attuato uno spietato colonialismo nei Territori Occupati, accettare con rassegnazione la situazione insopportabile che i palestinesi vivono ogni giorno in quei Territori?
Il libro ripercorre un periodo molto lungo e cruciale per la vita dei palestinesi (dal 1959 al 2013) e, pagina dopo pagina, ci fa sprofondare nell’inferno che vivono i palestinesi dei Territori. Henry è sempre presente, anche quando non lo è fisicamente, anche quando i due amici non si incontrano per anni. In alcuni momenti è una sorta di cartina di tornasole che obbliga Raja a pensare alle ingiustizie e alle condizioni di vita palestinesi anche attraverso gli occhi di Henry.
Ed è un libro sulla ricerca di una identità nazionale, quella di Henry, all’inizio riluttante e poi appassionato sostenitore, di ebreo-israeliano e quella di Raja che vede formarsi negli anni, sempre più forte, quella palestinese.
Un libro che mette in primo piano l’importanza della memoria, che sottolinea quanto sia fondamentale per avvicinarsi, seppure lentamente e tra mille difficoltà, a una riappacificazione tra i due popoli.
Riporto, a questo proposito, le ultime righe del libro
“La mancanza di riconoscimento per le atrocità del passato è fondamentale per quello che sta accadendo ora, è la chiave per i crimini commessi dai coloni ebrei. Israele è tanto preoccupata dal ricordo della Nakba, che nel marzo del 2011 la Knesset h a approvato la «legge sulla Nakba», che priva dei finanziamenti statali qualsiasi ente che la commemori. In questo modo, Israele sta tentando di cancellare il ricordo dell’evento più traumatico della storia palestinese.
La memoria è un fatto politico in Israele e in Palestina. Cosa ricordare? Chi ricordare? Queste domande dovrebbero essere poste da entrambe le parti, da israeliani e palestinesi. Le risposte determineranno il nostro futuro comune in questa terra e diranno se avremo mai la pace oppure
I palestinesi devono accettare il fatto che dopo la Shoah molti Paesi si rifiutarono di accogliere gli ebrei europei. Per molti di loro, la Palestina era l’ultimo rifugio rimasto. Gli israeliani devono ricordare la Nakba, ritirarsi dai Territori occupati e riconoscere il proprio brutale uso della forza contro i palestinesi che si battevano per l’autodeterminazione e il rispetto dei loro diritti umani fondamentali.
Eppure, anche quando noi palestinesi avremo un nostro Stato sovrano – e un giorno lo avremo – e Israele riconoscerà il nostro diritto al ritorno, una pace duratura richiederà che le vittime del conflitto superino il proprio odio e il proprio dolore, e perdonino”.
Raja Shehadeh è un avvocato palestinese, attivista per i diritti umani e scrittore . Ha co-fondato l’organizzazione palestinese per i diritti umani Al-Haq.
Einaudi, 2019, pp.192