8 Luglio 2025
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La spiritualità nel Mangystau è profondamente radicata nella storia, nelle tradizioni sufi e nelle credenze popolari. Questa regione è un crocevia di influenze culturali e religiose, con un patrimonio spirituale che mescola Islam, sufismo, sciamanesimo e credenze preislamiche.

Influenze religiose e origini della spiritualità

La spiritualità di Mangystau è il risultato di diverse influenze, che si sono stratificate nel corso dei secoli:

  • Pre-islamismo e credenze sciamaniche – Prima della diffusione dell’Islam, le popolazioni nomadi della steppa kazaka praticavano il Tengrismo, un’antica religione basata sul culto del Cielo (Tengri), della natura e degli spiriti ancestrali: le montagne, le grotte e le sorgenti sacre erano considerate luoghi di potere; i popoli nomadi credevano in spiriti protettori e in rituali di connessione con le forze della natura. Gli sciamani (bakhsy) erano le figure spirituali principali, capaci di guarire e comunicare con il mondo degli spiriti.
  • L’arrivo dell’Islam e il SufismoDal IX-X secolo, con l’espansione dell’Islam, il Mangystau divenne un importante centro di spiritualità islamica, ma con una forte influenza sufi. Il sufismo è una corrente mistica dell’Islam che enfatizza la ricerca interiore, l’ascetismo e l’amore divino. I santi sufi (Awliya) divennero figure venerate, e i loro mausolei divennero centri di pellegrinaggio. L’Islam nel Mangystau si fuse con elementi delle credenze sciamaniche preesistenti, creando una forma di religiosità più sincretica e popolare.
  • La tradizione sufi e i santi locali – Il Mangystau è famoso per i suoi santi sufi (noti come kozhi o ata), che hanno lasciato un’impronta spirituale duratura. Alcuni dei più noti sono: Beket Ata (XVIII secolo), Mistico e architetto di moschee sotterranee, considerato un guaritore e una guida spirituale, il suo mausoleo a Oglandy è uno dei più importanti siti di pellegrinaggio; Shakpak Ata, un altro santo sufi legato alla spiritualità del deserto, con una moschea scavata nella roccia piena di simbolismi mistici; Sultan Epe, protettore dei pescatori e dei marinai del Mar Caspio, legato a numerose leggende miracolose.

Luoghi sacri e la geografia spirituale

Il Mangystau è spesso chiamato “la terra delle 360 santuari”, perché ospita un gran numero di mausolei, moschee sotterranee e luoghi di culto. Alcuni dei più importanti sono:

  • Moschea di Beket Ata (Oglandy) – Costruita nella roccia, è il principale centro di pellegrinaggio della regione.
  • Moschea di Shakpak Ata – Un altro luogo sacro scavato nella pietra, noto per i suoi simboli misteriosi.
  • Il Canyon di Shakpakatasay – Considerato un luogo di energia spirituale, legato a leggende e fenomeni inspiegabili.
  • Karaman Ata – Un altro mausoleo venerato, spesso visitato dai pellegrini in cerca di guarigione.
Canyon di Shakpakatasay, considerato un luogo di energia spirituale

Essendo una terra di nomadi, sono pochi i resti di insediamenti mentre sono numerose le necropoli, caratterizzate da una serie di strutture in pietra, dove i popoli erranti hanno lasciato più tracce della propria morte che della loro vita. Queste necropoli offrono un affascinante e variegato racconto della vita dei popoli della regione. Diverse sono le strutture che vi troviamo:

  • Saganatam – Recinzione a parallelepipedo rettangolare in pietra lavorata, con il muro occidentale rialzato in cui vi è, di regola, un’apertura. Saganatama letteralmente significa sarcofagi, mausolei.
  • Mausolei a cupola – Sono luoghi di sepoltura di personaggi molto venerati, spesso decorati con disegni in evidenza sulle pareti e attorno alla porta d’ingresso. I modelli dell’ornamento sono basati su motivi vegetali (fiori, petali, boccioli), forme zoomorfe (tuye-taban, kosmuiz, synarmuiz) e forme geometriche (cerchi, triangoli, diamanti, quadrati).
  • Kulpytas – Sono colonne di pietra di forma quadrata o rettangolare con piedistallo e corpo decorato.
  • Sandykta – Sono costituiti da bassi parallelepipedi formati da lastre di pietra combinati con i Kulpytas.
  • Koitas – Si tratta di cilindri posti orizzontalmente su piedistallo, spesso decorati con rappresentazioni stilizzate di arieti.
Mausoleo Karakosa nei pressi della necropoli di Kanga Baba
Necropoli di Shakpak Ata

Misticismo e credenze popolari

Nel Mangystau, la religione non è solo una questione di dottrina, ma è vissuta come un fenomeno spirituale e mistico, con elementi popolari che persistono ancora oggi:

  • Le leggende dei santi: molte storie raccontano di santi sufi capaci di compiere miracoli, guarire malattie e scomparire nel nulla.
  • I luoghi con poteri mistici: ci sono siti considerati energetici, dove le persone avvertono presenze spirituali o fenomeni inspiegabili.
  • Le tradizioni di pellegrinaggio (ziyarat): i fedeli visitano i mausolei dei santi per chiedere benedizioni, spesso seguendo rituali specifici.

Oggi, la spiritualità della regione è ancora viva, nonostante la modernizzazione. Il pellegrinaggio ai mausolei sufi è una pratica diffusa, e molti kazaki continuano a combinare Islam e credenze tradizionali.

Ecco alcuni esempi di leggende e storie.

Shakpak-Ata, il maestro dei serpenti

I ricercatori non sono riusciti a determinare con precisione l’epoca di vita e di morte di Shakpak-Ata, un predicatore religioso che studiò a fondo tutti i canoni musulmani, formò molti discepoli, seguaci e istruì bambini. Si può solo supporre che visse nell’alto Medioevo.

Shakpak Ata è il maestro dei serpenti e il patrono dei morti, ma come figura storica è nipote di Shopan Ata. Secondo la leggenda, il vero nome di Shakpak-Ata era Shahmardan. Shakpak Ata è il soprannome che gli è stato dato perché nelle battaglie con i nemici volavano scintille dalla sua arma come dalla selce (shakpak). Nella zona dove si trova la moschea di Shakpak Ata ci sono molte rocce siliciche che potrebbero essere una delle ragioni della leggenda. Secondo un’altra versione della leggenda, Shakpak Ata poteva accendere il fuoco toccando un chiodo con l’altro. Un’altra leggenda dice che Shakpak Ata stava camminando vicino a un villaggio e vide un marito picchiare la moglie accusandola di non fare figli. Shakpak Ata aiutò immediatamente la donna che, per esprimere gratitudine o sfuggire ai maltrattamenti del marito, lo seguì nel deserto. Nel punto dove si fermarono, luogo dell’attuale moschea, le sorgenti sgorgarono dalla terra, iniziò una pioggia battente e la vita si rinnovò; dopo questo, le persone iniziarono a venire in questo posto da tutto il mondo in cerca di aiuto per liberarsi dei loro problemi.

Moschea di Shakpak Ata

Sultan Epe e il miracolo di Heyrulla

Sultan-Epe era il figlio del poeta mistico centroasiatico Khakim-Ata (Suleiman Bakyrgani), un discepolo di Ahmad Yassawi, e di Ambar-Ana. Secondo la leggenda, Sultan-Epe è il protettore dei naufraghi e dei pescatori e gli si attribuiscono molti miracoli.  Una delle leggende che lo riguardano racconta che trasferì la Kaaba a Bakyrgan (Khorezm) per suo padre, tuttavia, Khakim-Ata guardava con gelosia e diffidenza le azioni di suo figlio. In risposta, Sultan-Epe si congedò dai suoi genitori e divenne invisibile. Venuto a conoscenza di questo, Khodja Ahmed Yassawi punì Khakim-Ata con una maledizione: si narra che, per suo comando, il fiume Amu Darya scorresse sulla tomba di Khakim-Ata per quarant’anni e la città di Bakyrhan venne distrutta.

Circa cento anni dopo la scomparsa di Sultan-Epe, i Nogai migrarono nel Mangystau. Tra i Nogai nomadi c’era un mullah che insegnava ai bambini a leggere e scrivere. Tra i suoi allievi c’era un ragazzo debole e zoppo di nome Heyrulla, che veniva picchiato ogni giorno: a scuola dal mullah e a casa dai suoi genitori. I compagni lo deridevano e lo insultavano costantemente. Insomma, la sua vita era difficile. Un giorno, Heyrulla si allontanò nella steppa con l’intenzione di togliersi la vita. Stanco di camminare, si appoggiò a una grande roccia e si rivolse a Dio con una preghiera fervente. Pianse molto, si batté il petto e alla fine si addormentò. A mezzogiorno del giorno successivo, mentre era ancora addormentato, vide in sogno un uomo sconosciuto che gli disse: “Figlio mio! Non piangere, apri la bocca.” Heyrulla obbedì e lo sconosciuto gli sputò in bocca, rendendolo saggio e istruito. Poi l’uomo gli disse: “Alzati, attraversa la steppa e nel luogo dove vedrai un’aquila posata, costruisci una moschea.” Heyrulla rispose: “Sono molto debole e non riesco nemmeno a sollevare una piccola pietra.” Lo sconosciuto replicò: “Io sono Sultan-Epe. Quando solleverai le pietre, invoca il mio nome dicendo: ‘Oh, Sultan-Epe!’ e le pietre si solleveranno con il potere divino, permettendoti di collocarle facilmente dove sarà necessario.” Dopo queste parole, Sultan-Epe scomparve. Heyrulla si svegliò, si incamminò nella steppa e presto vide un’aquila posata a terra. Quando si avvicinò, l’aquila esclamò ad alta voce “Sultan-Epe!”, poi spiccò il volo e scomparve. Heyrulla segnò il luogo in cui l’aquila si era posata e tornò dal suo maestro. Il mullah lo punì per la lunga assenza e gli diede un libro dicendogli di leggere. Heyrulla lesse senza difficoltà. Il mullah gli assegnò altre sette pagine di una nuova lezione e lui le lesse una sola volta, rispondendo alle domande come un vero sapiente. Tutti rimasero sbalorditi da tale miracolo.

Moschea di Sultan Epe

Becket Ata, da guerriero a filosofo e santo

Beket Myrzagululy (1750-1813) era un filosofo ed educatore, discendente di Aday, abitante di Ustyurt e Mangistau e Atyrau. Nacque nel villaggio di Akmeshit, distretto di Zhiloy nella regione di Atyrau.

Nella sua giovinezza divenne famoso come abile comandante e coraggioso guerriero nella battaglia per la libertà del suo popolo dai vicini bellicosi Turkmeni e Kalmyks, e la gente lo chiamava per questo Yer Beket (yer in kazako significa terra o suolo). Volendo stabilire pace e consenso in patria, Beket intraprese la strada della religione ritenendo che questo fosse l’unico modo per fermare infinite lotte sanguinose ed estenuanti con i vicini, che impedivano lo sviluppo culturale del popolo, ma portavano anche al loro sterminio. Secondo una leggenda, Beket stava camminando lungo un fiume e vide un dito che spuntava dall’acqua. Dopo di che quaranta dita apparvero dall’acqua. Il giovane vide ayan in questo (segno profetico) e capì che quel potere supremo gli aveva fatto sapere che avrebbe dovuto intraprendere la via della religione: cinque dita sono cinque volte namaz (la preghiera rituale islamica che si compie 5 volte al giorno), trenta dita sono trenta giorni sawm (digiuno rituale, quaranta dita sono quaranta comandamenti). Da quel momento, secondo la leggenda, Beket Ata imboccò la via della religione.

Dopo essere stato istruito a Khiva dal famoso Sufi Bakyrgan-Kazhy, Beket tornò nella sua terra natale e continuò le sue opere tra i suoi compagni: costruì moschee sotterranee, organizzò l’istruzione dei bambini, predicò il servizio di Dio attraverso il suo esempio personale. Durante la sua vita costruì numerose moschee nei luoghi di migrazione stagionale della sua tribù. La più famosa, e meta di pellegrinaggi, è la moschea Beket-Ata nella località di Oglandy. Secondo una leggenda, in un anno le tribù nomadi turkmene persero molti bambini qui a causa di un’epidemia. Furono tutti sepolti nello stesso cimitero, che in seguito fu chiamato Oglandy, cioè per bambini. Beket Ata volle che i pellegrini prima di inchinarsi a lui visitassero questo luogo considerato sacro dalla gente del posto.

Moschea di Becket Ata vista dall’alto

Shopan Ata e il collegamento tra Tengrismo e Islam

Molti luoghi storici della regione sono associati al nome del pensatore delle steppe kazake Khoja Ahmed Yassawi, studioso sufi vissuto nel XII secolo; si dice che Shopan-Ata fosse un suo allievo. Con la parola “Shopan” si intende comunemente “pastore”, ma è un termine associato anche al concetto di benessere. Tra la gente Shopan-Ata è noto come una persona spirituale e un simbolo della famiglia che ha collegato il Tengrismo (religione dell’Asia centrale caratterizzata da sciamanesimo, animismo, totemismo, sia politeismo che monoteismo e adorazione degli antenati) e l’Islam. La tomba del Santo Shopan Ata è un sito molto visitato dai pellegrini in cammino verso il grande santuario kazako, la moschea sotterranea di Beket Ata.

Secondo la leggenda, Shopan-Ata è un mentore spirituale di Beket Ata, e gli apparve in sogno sotto le spoglie di un vecchio per dirgli parole di commiato. Sono molte le leggende che lo riguardano. Eccone una: poco prima della sua morte, Khoja Ahmed pregò nella moschea e seduto lì gettò il suo bastone dalla finestra e il bastone volò via. Allora Khoja Ahmed disse ai suoi murid (discepoli): “Leggerò la sura al-Fatiha a coloro che mi porteranno il mio bastone”. Tutti i murid si precipitarono fuori dalla moschea per trovare un bastone, solo Shopan Ata si alzò, raggiunse la porta della moschea, ma tornò subito e si sedette. Khoja Ahmed si voltò verso di lui e gli chiese: “Perché sei seduto?” “Andrei, ma il tuo bastone è già lontano da qui, a ovest, nella penisola di Mangystau sulla riva del grande mare, leggi la sura Al-Fatiha adesso” disse Shopan Ata. In quel momento coloro che non avevano trovato il bastone iniziarono a tornare alla moschea. Khoja Ahmed disse loro: “Di questo gran numero di studenti ho trovato solo uno studente e amico meritevole“. Poi lesse la sura Fatiha a Shopan Ata e gli permise di andare nel Mangystau per trovare il suo bastone dopo avergli detto addio per sempre. Shopan Ata partì e camminò per alcuni mesi, infine arrivò a Mangystau, dove secondo le istruzioni di Dio trovò il luogo in cui era caduto il bastone di Khoja Ahmed e vide che si era trasformato in un albero alto; sotto l’albero sedeva un uomo dall’aspetto venerabile che sembrava aspettare l’arrivo di Shopan Ata. Shopan Ata sposò sua figlia e rimase qui per sempre. Presto l’intero Mangystau venne a conoscenza dell’arrivo di Shopan Ata, della sua saggezza e conoscenza; la gente venne ad ascoltare le sue lezioni e diecimila persone divennero i suoi murid. Shopan Ata ebbe tre figli: i figli Issan-Ata (Eshan) e Chagrik-Ata (Shah-Roh) e la figlia Tergin Bibi.  Da notare che in questa leggenda il “bastone” viene chiamato “essa”, un termine mistico sufi che potrebbe avere significati esoterici legati alla saggezza divina, alla trasmissione del sapere o alla punizione spirituale.

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